
Trattamento di Fine Mandato: un reale vantaggio fiscale per l’impresa
La pianificazione fiscale è un tassello importante per l’impresa, anche se rappresenta un aspetto spesso trascurato.
Un esempio è il TFM, un negozio giuridico ancora poco conosciuto e usato: se i dipendenti possono usufruire del Trattamento di Fine Rapporto (TFR), gli amministratori di società possono invece beneficiare del TFM.
Ma di cosa si tratta?
Il Trattamento di Fine Mandato per l’amministratore di azienda con sede in Italia è una forma di compenso aggiuntivo e differito che la società può riconoscere ai propri amministratori. Questo compenso può essere riconosciuto solo se è già stabilita dallo statuto oppure tramite una delibera assembleare.
Oltre al recepimento a fine mandato è inoltre possibile, da parte dell’azienda, riscattare parzialmente o completamente l’importo perdendo i relativi benefici.
Vediamo ora quali sono i motivi per adottare il TFM e quali benefici ne trae l’impresa da un lato e l’amministratore dall’altro.
1. Il TFM è interamente deducibile dal reddito aziendale
Grazie al TFM un’impresa può accantonare ogni mese una certa somma che verrà destinata all’Amministratore. In questo modo la società da un lato abbassa il suo imponibile fiscale – perché il TFM rappresenta un costo per essa – e di conseguenza su tale accantonamento non viene calcolata l’IRES, e dall’altro l’amministratore potrà godere di una tassazione agevolata quando incasserà la cifra messa da parte.
Come avrai notato c’è una certa analogia con il TFR previsto per il lavoratore dipendente, che gli riconosce una forma di retribuzione differita nel corso del tempo.
Se parliamo del TFM, fino a qualche tempo fa l’importo del conferimento in una polizza era auspicabile fosse pari al 20% [massimo 30%] del compenso annuo dell’amministratore. Con una recente sentenza della Cassazione (n. 28827/2021) si è aperta una nuova interpretazione sul tema: l’importo deducibile del trattamento di fine mandato degli amministratori viene ad essere commisurato non alle regole poste per la determinazione del trattamento di fine rapporto per i lavoratori subordinati, né al compenso pattuito per l’amministratore, ma piuttosto a una prudenziale valutazione delle dimensioni della società.
2. La tassazione agevolata per l’azienda
La tassazione del TFM può essere molto interessante se viene applicata la data certa sul verbale che prevede tale compenso. In questo caso il costo dell’accantonamento annuo del TFM verrà dedotto dall’azienda per competenza e non per cassa, quindi si considera la sua maturazione economica prescindendo dal momento in cui avviene l’effettiva uscita monetaria.
Non ci dilungheremo qui sulla definizione di data certa, poiché nel tempo si sono susseguite diverse modalità e sfumature di attribuzione.
Basti sapere che il diritto al TFM e i criteri per quantificarlo possono essere stabiliti nello statuto sociale redatto al momento della costituzione della Società o in sede di una successiva modifica, purché antecedente alla nomina dell’amministratore cui si vuole attribuire questo TFM. Oppure può essere deliberato successivamente ed essere convalidato come atto pubblico o firmato e inviato digitalmente tramite PEC dalla società all’amministratore destinatario.
In mancanza di data certa anteriore all’accantonamento la deduzione del costo corrispondente al TFM accantonato avverrà nell’anno dell’effettiva erogazione, e l’amministratore non potrà avvalersi della tassazione separata.
È importante sapere che il TFM può essere accantonato direttamente nella società anche su un conto corrente dedicato oppure si può attivare una polizza tramite una compagnia assicurativa. In questo modo verrà completamente delegata la parte burocratica e documentale, con l’enorme vantaggio di azzerare i rischi.
3. Vantaggi fiscali del TFM per gli amministratori beneficiari
Ovviamente non sono da trascurare i vantaggi fiscali per chi sarà il reale percettore dell’indennità accantonata con il TFM, ossia l’amministratore, sempre che il TUIR preveda la possibilità di avvalersi della tassazione separata anziché della tassazione ordinaria.
Affinché si possa beneficiare di entrambi i vantaggi, ovvero la deducibilità dell’accantonamento per l’impresa e la tassazione separata per l’amministratore, è necessario il rispetto di alcune condizioni formali e sostanziali.
Quando viene tassato il TFM?
Gli importi percepiti a fine collaborazione coordinata e continuativa sono soggetti a tassazione separata se l’atto, che stabilisce il diritto all’indennità, ha data certa ed è anteriore all’inizio del rapporto.
Gli amministratori dunque, al momento dello scioglimento del rapporto di lavoro, incassano un capitale soggetto a tassazione separata la cui imposta si determina applicando all’ammontare percepito l’aliquota corrispondente alla metà del reddito complessivo netto – calcolato nei due anni che precedono il momento in cui è sorto il diritto a percepire l’indennità di fine mandato.
Se l’importo finale supera 1 milione di euro sarà invece soggetto a tassazione ordinaria.
Come si calcola la tassazione separata?
Per ottenere l’aliquota da utilizzare per il calcolo della tassazione separata è necessario sommare i redditi complessivi dei due anni precedenti a quello in cui è stato percepito il reddito da sottoporre a tassazione e dividere il risultato per 2. Questo comporterà un notevole beneficio rispetto all’applicazione della tassazione ordinaria per scaglioni.
L’aliquota per la tassazione separata sarà pari a: Importo dell’imposta sul reddito medio x 100 / reddito medio
I redditi soggetti a tassazione separata sono redditi percepiti una tantum o comunque non periodicamente: per tale motivo non concorrono a formare il reddito complessivo del soggetto percettore evitando un prelievo fiscale troppo oneroso.
In conclusione, perché parlare di TFM in azienda?
Partiamo dal presupposto generale che i vantaggi fiscali per l’impresa, nel lungo periodo, si possono tramutare in importanti vantaggi finanziari.
Se prima pensavi che non ci fossero strumenti per ridurre l’imposizione fiscale della tua azienda molto probabilmente avevi sottovalutato strumenti come il TFM che grazie alla sua natura ti consente di abbassare il reddito Ires. E senza trascurare i benefici per l’amministratore che potrà così accantonare delle somme utili in futuro.
Mentre se deciderai di attivare una polizza ad hoc potrai diminuire notevolmente le imposte personali per i tuoi amministratori e delegare la parte burocratica e di gestione alla compagnia assicurativa.

Adesione a fondi pensione per i lavoratori dipendenti
I vantaggi dell’accordo collettivo
Semplificazione, economia, fiscalità
L’adesione collettiva
Nel caso di adesione ad una forma pensionistica da parte di un lavoratore dipendente, è prevista la possibilità di adesione collettiva, basata cioè su contratti o accordi collettivi (anche aziendali) stipulati tra le rappresentanze dei lavoratori e dei datori di lavoro oppure, in determinati casi, previste da regolamenti di enti o aziende, che individuano specifiche categorie di destinatari (es.: lavoratori di un determinato comparto, di una determinata azienda o gruppo di aziende).
L’adesione aziendale si realizza prevalentemente attraverso un Accordo Plurimo Soggettivo tra i lavoratori di un’azienda ed il proprio datore di lavoro, che definisce le contribuzioni a carico dell’Azienda e del Lavoratore Dipendente che saranno versate al Fondo Pensione insieme al TFR del lavoratore.
Facsimile accordo plurisoggettivo
I vantaggi per il datore di lavoro
La sottoscrizione di un Accordo Plurimo Soggettivo consente al datore di lavoro di semplificare la gestione amministrativa del versamento dei TFR dei dipendenti aderenti, oltre ad ottimizzazione il costo del personale (rispetto agli aumenti salariali).
L’Accordo Plurimo Soggettivo inoltre garantisce una serie di vantaggi fiscali per il datore di lavoro:
- Una somma pari al 4% (6% per le aziende con meno di 50 dipendenti) del TFR annuo destinato al Fondo Pensione, potrà essere utilizzata come variazione in diminuzione (riduce l’imponibile fiscale) in sede di dichiarazione dei redditi
- La quota di TFR destinata al Fondo Pensione Aperto esce dal bilancio aziendale ed è esonerato dall’obbligo della rivalutazione obbligatoria (1,5% + il 75% dell’indice dei prezzi Istat)
- Il datore di lavoro è esonerato dal versamento del contributo dello 0,20% al fondo garanzia INPS, relativamente alla quota di TFR conferita al Fondo Pensione (riduzione del costo del lavoro)
- Beneficia di una riduzione del carico contributivo pari allo 0,28% della quota di TFR conferita al Fondo Pensione
- i contributi datoriali, sono deducibili e soggetti al solo contributo di solidarietà del 10%, diversamente dagli aumenti retributivi il cui costo complessivo è più elevato in quanto gravato dai contributi
- Si tutela dal rischio di un ingente esborso improvviso per le liquidazioni del TFR in caso di licenziamento del dipendente
Vantaggi per il dipendente
Nel caso di adesione ad una forma pensionistica da parte di un lavoratore dipendente, è prevista la possibilità di adesione collettiva, basata cioè su contratti o accordi collettivi (anche aziendali) stipulati tra le rappresentanze dei lavoratori e dei datori di lavoro oppure, in determinati casi, previste da regolamenti di enti o aziende, che individuano specifiche categorie di destinatari (es.: lavoratori di un determinato comparto, di una determinata azienda o gruppo di aziende).
L’accordo con l’azienda
L’adesione aziendale si realizza prevalentemente attraverso un Accordo Plurimo Soggettivo tra i lavoratori di un’azienda ed il proprio datore di lavoro, che definisce le contribuzioni a carico dell’Azienda e del Lavoratore Dipendente che saranno versate al Fondo Pensione insieme al TFR del lavoratore.
Facsimile accordo plurisoggettivo
Il contributo aziendale
L’accordo collettivo consente all’aderente di ricevere un contributo aggiuntivo da parte del proprio datore di lavoro, che gli permetterà di aumentare la propria posizione previdenziale.
La perdita dei requisiti
L’aderente su base collettiva può riscattare l’intera posizione individuale maturata anche prima del periodo minimo di permanenza, ovvero trasferirla ad altra forma pensionistica complementare, qualora vengano meno i requisiti di partecipazione al Fondo stabiliti dalle fonti che dispongono l’adesione su base collettiva.
Ad esempio con il cambio del datore di lavoro va a decadere la partecipazione all’accordo collettivo con conseguente perdita dei requisiti.
In alternativa l’aderente può proseguire la partecipazione al Fondo anche in assenza di contribuzione.

Conferimento del TFR al fondo pensione
I vantaggi
I lavoratori dipendenti, fin dal primo impiego, devono affrontare una scelta importante, che consiste nel decidere se lasciare il trattamento di fine rapporto (TFR) in azienda oppure conferirlo al fondo pensione.
In questo articolo partiremo dalla definizione di TFR, per poi scoprire come funziona il conferimento alla previdenza complementare e quali sono i vantaggi fiscali per chi sceglie il fondo pensione.
Vedremo, inoltre, in che modo si determina il rendimento del TFR e come funzionano le anticipazioni a seconda della scelta operata.
Infine, analizzeremo tutte le motivazioni che rendono la scelta del conferimento del TFR al fondo pensione la decisione migliore per il proprio futuro pensionistico.
Cos’è il TFR?
Il Trattamento di fine rapporto (TFR) rappresenta una percentuale della retribuzione lorda che il datore di lavoro trattiene e accantona – precisamente il 6,91% della retribuzione lorda – e che poi andrà a corrispondere al lavoratore in seguito all’interruzione del rapporto di lavoro.
Tuttavia, è possibile decidere di non lasciare il TFR in azienda e di destinarlo a una forma di previdenza complementare come il Fondo Telemaco, utilizzando questo flusso per alimentare la costruzione della pensione integrativa del lavoratore.
La scelta di destinare il TFR al fondo pensione può essere fatta:
all’inizio del primo rapporto di lavoro;
in qualsiasi momento successivo.
In quest’ultimo caso occorre sapere che:
il TFR maturato fino al momento della scelta resta in azienda;
il TFR maturato dal momento dell’adesione al fondo in poi andrà a confluire nella previdenza complementare.
Come funziona il conferimento del TFR al fondo pensione?
Il conferimento del TFR al fondo pensione può avvenire in due modi, a seconda che la scelta venga fatta in maniera esplicita o meno:
adesione esplicita, quando il lavoratore sceglie di versare il TFR nel fondo pensione entro i primi 6 mesi dall’assunzione;
adesione tacita, nel caso in cui il lavoratore non compia la sua scelta entro i 6 mesi previsti.
In quest’ultimo caso, infatti, il lavoratore viene iscritto automaticamente al fondo pensione negoziale previsto dal suo CCNL o contratto aziendale, che nel caso del settore delle Telecomunicazioni è il Fondo Telemaco.
Come accennato, esiste anche una terza opzione:
il lavoratore può scegliere di aderire al fondo pensione in qualsiasi momento, compilando il modulo di adesione e avviando così i versamenti del TFR alla previdenza complementare.
Infine occorre ricordare che, oltre al TFR, il lavoratore può versare al fondo pensione anche un contributo proprio e volontario.
Si tratta di una scelta che dà diritto a ricevere anche il contributo aggiuntivo del datore di lavoro: un importante vantaggio a cui l’iscritto non avrebbe accesso con altri strumenti di investimento. Questo significa che la costruzione della pensione integrativa si comporrà di tre flussi:
contributo del lavoratore;
contributo aggiuntivo del datore di lavoro
TFR.
Queste ultime due voci sono, nei fatti, completamente a costo zero per il lavoratore.
Vantaggi fiscali del TFR al fondo pensione
Chi sceglie di lasciare il TFR in azienda subisce una tassazione più elevata rispetto a chi lo destina al fondo pensione; questo accade perché il TFR in azienda, nel momento in cui si andrà a riscuoterlo al termine del rapporto di lavoro, viene tassato come un normale reddito, dunque con l’applicazione dell’aliquota media IRPEF.
Ricordiamo a tal proposito che le aliquote IRPEF vanno da quella più bassa, pari al 23%, a quella più elevata, fissata al 43%.
Il fondo pensione, invece, garantisce dei vantaggi fiscali per chi vi conferisce il proprio TFR, nel dettaglio:
i rendimenti maturati nel corso della gestione dei contributi subiscono un prelievo fiscale tramite tassazione sostitutiva pari al 12,5% sui rendimenti da Titoli di Stato e al 20% sui rendimenti da altri impieghi, mentre per tutti gli altri investimenti la tassazione è fissata al 26%;
le prestazioni finali per i lavoratori del settore privato, cioè la pensione integrativa, sono tassate con un’aliquota pari al 15% che si riduce dello 0,30% all’anno per ogni anno di permanenza nel fondo pensione oltre il quindicesimo, raggiungendo un’aliquota minima del 9%.
Rendimento TFR
Il TFR lasciato in azienda non garantisce un rendimento, ma viene rivalutatoin misura prestabilita. In particolare si applica un tasso di rivalutazione che ha una componente fissa dell’1,5%, a cui si aggiunge il 75% del tasso di inflazione al dicembre dell’anno precedente.
La rivalutazione è poi soggetta a imposta sostitutiva pari al 17%, dunque il lavoratore riceverà al termine del rapporto di lavoro la rivalutazione netta a cui vengono già sottratte le imposte.
Nel caso di TFR conferito al fondo pensione, invece, i rendimenti sono legati alle scelte di investimento dell’iscritto e del fondo, dunque non hanno una misura prestabilita.
Gli aderenti a un fondo multicomparto, come Telemaco, possono scegliere di destinare il proprio denaro a linee di investimento garantite con rendimenti più bassi, oppure a linee con investimenti maggiormente rischiosi e redditizi, che possono dare grandi soddisfazioni soprattutto nel medio e lungo periodo.
Il conferimento del TFR al fondo, specie se fatto fin in giovane età, consente all’iscritto di sfruttare al massimo l’orizzonte temporale a disposizione puntando su comparti a più alto rendimento in fase iniziale, per poi consolidare la propria posizione negli anni immediatamente precedenti il ritiro dal lavoro, attraverso una linea di investimento meno rischiosa.
Ecco perché è molto utile aderire a Telemaco fin da giovani e valutare l’iscrizione al Fondo anche per i propri figli, che avranno un orizzonte temporale molto lungo per costruire la propria posizione previdenziale.
Anticipazione TFR
Sia che il TFR resti in azienda, sia che si decida di conferirlo nel fondo pensione, è prevista la possibilità di richiedere l’anticipazione per quanto dovuto, dunque richiedere una parte del TFR prima del termine del rapporto di lavoro o del pensionamento.
Ciò nonostante, la scelta delle previdenza complementare si rivela più flessibile e adeguata alle possibili esigenze del lavoratore.
Infatti:
per le spese sanitarie, il fondo prevede anticipazioni fino al 75% in qualsiasi momento, mentre in azienda l’importo massimo è pari al 70% ed è necessaria una permanenza di almeno 8 anni;
per l’acquisto della prima casa per sé o per i propri figli (in entrambi i casi occorre la permanenza minima di 8 anni), il fondo pensione garantisce un’anticipazione del 75% mentre l’azienda può concedere fino al 70%;
l’anticipazione per ristrutturazione della prima casa per sé o per i figli è contemplata esclusivamente per chi opta per il fondo pensione (massimo 75% dopo 8 anni), mentre non è prevista per chi lascia il TFR in azienda;
è possibile richiedere un’anticipazione del 30% dopo 8 anni di permanenza nel fondo per qualsiasi esigenza, mentre per il TFR lasciato in azienda non esiste questa previsione se non per spese specifiche legate a formazione o fruizione del congedo parentale (70% dopo 8 anni).
Infine l’anticipazione del TFR in azienda può essere richiesta una sola volta, mentre quello conferito nel fondo pensione può essere concesso in più tranche.
TFR al fondo pensione: perché è la scelta migliore?
In questo articolo abbiamo visto alcuni dei motivi per cui il conferimento del TFR al fondo pensione è la scelta migliore per il proprio futuro.
Tre vantaggi riguardano, nello specifico:
una tassazione agevolata per rendimenti e pensione integrativa rispetto a quella riservata al TFR lasciato in azienda;
la possibilità di scegliere tra linee di investimento differenti, con relativa modulazione del rapporto rischio/rendimento anche in funzione della propria età;
la possibilità di accedere a modalità di anticipazione del montante accumulato più flessibili rispetto a quelle previste nel caso del TFR lasciato in azienda.
Bisogna poi considerare che il mercato del lavoro oggi comporta una maggiore mobilità da un’azienda all’altra, il che non consente di accumulare TFR ingenti.
Destinare il trattamento di fine rapporto alla previdenza complementare consente di costruire una base importante per la propria previdenza integrativa, peraltro a costo zero dal momento che il TFR non viene versato in busta paga ma accantonato mese dopo mese.
Fonti: Telemaco – Assit – Eurorisparmio